LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO - (pag. Le/VIII – 14 gennaio 2016)
VEGLIE – L’intero complesso al terzo tentativo di alienazione. Si parte da poco meno di mezzo milione. Fai: “Così perdiamo un pezzo di storia locale”
La cantina vinicola finisce all'asta. Appello al Comune per evitare la vendita
L’opposizione dà l’allarme sul rischio che i capannoni vadano in mani private, “così muore il cooperativismo”
VEGLIE – Cantina in vendita all’asta giudiziaria il prossimo 1 febbraio. E il cooperativismo vitivinicolo locale rischia di morire.
L’allarme è lanciato dal movimento di opposizione “Veglie domani” il quale, attraverso un manifesto di “sensibilizzazione”, informa i cittadini del “pericolo” che l’immobile venga acquistato da soggetti privati.
Il prezzo ormai ribassato, fissato dopo il terzo tentativo di vendita, questa volta sembra davvero “appetibile”. Solo 496mila euro per lo stabilimento delle “Cantine associate di Veglie” ubicato in via Salice.
Si tratta di un capannone di 3.300 mq, completo di uffici (250 mq), impianti esterni e parcheggi. In tutto 14.900 metri quadri.
<<Tante sono le responsabilità per la situazione – sostiene Veglie domani nel manifesto – ma ora ciò che conta è impegnarsi tutti insieme al fine di non perdere un patrimonio cooperativistico che è dei vegliesi e che tale dovrebbe restare>>.
<<L’impianto – spiega Salvatore Fai, del gruppo consiliare di Veglie domani – è stato realizzato con i soldi e i sacrifici di tutti i soci che, passo dopo passo, sono riusciti a realizzare una cantina degna di questo nome, motivo di orgoglio per Veglie e per i suoi viticoltori e che ora, invece, si rischia praticamente di “regalare”, considerato il valore di mercato dello stesso, al primo buon offerente. L’auspicio è che tutti i soggetti interessati, compresa l’Amministrazione comunale, si adoperino, ognuno per le proprie possibilità e competenze, nel cercare di non rinunciare ad un importante impianto produttivo e a più di mezzo secolo di storia, di duro lavoro e di economia vegliesi>>.
La struttura, un tempo capace di lavorare 90mila quintali di uve, è fornita di impianto di imbottigliamento e di silos per lo stoccaggio di vino.
La cooperativa “Cantine associate di Veglie”, nata nel 2008 dalla fusione di “Cantina di Veglie” di via Fratelli Bandiera e da “Cantina viticultori associati” di via Salice (entrambe fondate nel 1958), è attualmente tenuta in vita soltanto da un centinaio di soci attivi, conferitori di poche migliaia di quintali di uva.
E pensare che appena un decennio fa i soci dell’una e dell’altra cantina arrivavano complessivamente a 1323, con conferimenti medi annuali pari a oltre 85mila quintali! Altri tempi, naturalmente.
Negli ultimi anni molti agricoltori hanno abbandonato gli impianti, spesso a causa della scarsa remunerazione dei vigneti oppure perché incentivati all’estirpazione delle piante.
Non sono mancati quelli che sono “emigrati” in altre cooperative (considerate più solide), soprattutto di Leverano, San Pancrazio e Cellino San Marco.
Quando le due strutture decisero di fondersi, avevano l’obiettivo di fare nuovi investimenti e di pagare i debiti di entrambe attraverso la vendita della cantina dismessa di via Fratelli Bandiera (5.727 mq, di cui 868 coperti).
Ma qualcosa, evidentemente, è andato storto. L’immobile non è stato venduto, gli investimenti non sono arrivati e le esposizioni debitorie permangono.
L’allarme è lanciato dal movimento di opposizione “Veglie domani” il quale, attraverso un manifesto di “sensibilizzazione”, informa i cittadini del “pericolo” che l’immobile venga acquistato da soggetti privati.
Il prezzo ormai ribassato, fissato dopo il terzo tentativo di vendita, questa volta sembra davvero “appetibile”. Solo 496mila euro per lo stabilimento delle “Cantine associate di Veglie” ubicato in via Salice.
Si tratta di un capannone di 3.300 mq, completo di uffici (250 mq), impianti esterni e parcheggi. In tutto 14.900 metri quadri.
<<Tante sono le responsabilità per la situazione – sostiene Veglie domani nel manifesto – ma ora ciò che conta è impegnarsi tutti insieme al fine di non perdere un patrimonio cooperativistico che è dei vegliesi e che tale dovrebbe restare>>.
<<L’impianto – spiega Salvatore Fai, del gruppo consiliare di Veglie domani – è stato realizzato con i soldi e i sacrifici di tutti i soci che, passo dopo passo, sono riusciti a realizzare una cantina degna di questo nome, motivo di orgoglio per Veglie e per i suoi viticoltori e che ora, invece, si rischia praticamente di “regalare”, considerato il valore di mercato dello stesso, al primo buon offerente. L’auspicio è che tutti i soggetti interessati, compresa l’Amministrazione comunale, si adoperino, ognuno per le proprie possibilità e competenze, nel cercare di non rinunciare ad un importante impianto produttivo e a più di mezzo secolo di storia, di duro lavoro e di economia vegliesi>>.
La struttura, un tempo capace di lavorare 90mila quintali di uve, è fornita di impianto di imbottigliamento e di silos per lo stoccaggio di vino.
La cooperativa “Cantine associate di Veglie”, nata nel 2008 dalla fusione di “Cantina di Veglie” di via Fratelli Bandiera e da “Cantina viticultori associati” di via Salice (entrambe fondate nel 1958), è attualmente tenuta in vita soltanto da un centinaio di soci attivi, conferitori di poche migliaia di quintali di uva.
E pensare che appena un decennio fa i soci dell’una e dell’altra cantina arrivavano complessivamente a 1323, con conferimenti medi annuali pari a oltre 85mila quintali! Altri tempi, naturalmente.
Negli ultimi anni molti agricoltori hanno abbandonato gli impianti, spesso a causa della scarsa remunerazione dei vigneti oppure perché incentivati all’estirpazione delle piante.
Non sono mancati quelli che sono “emigrati” in altre cooperative (considerate più solide), soprattutto di Leverano, San Pancrazio e Cellino San Marco.
Quando le due strutture decisero di fondersi, avevano l’obiettivo di fare nuovi investimenti e di pagare i debiti di entrambe attraverso la vendita della cantina dismessa di via Fratelli Bandiera (5.727 mq, di cui 868 coperti).
Ma qualcosa, evidentemente, è andato storto. L’immobile non è stato venduto, gli investimenti non sono arrivati e le esposizioni debitorie permangono.
Rosario Faggiano