LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO - (pag. Le/VI - 24 febbraio 2018)
IL VERDETTO – L’episodio è avvenuto nella prima metà degli anni ’80 al Policlinico di Bari. Il paziente è poi deceduto all’età di 93 anni, nel 2013
Trasfusione infetta, arriva il risarcimento
Il Ministero della Salute condannato a pagare 420mila euro
L'avvocato Maria Lucia Pagliara: "Si tratta di un risarcimento ingente riconosciuto nonostante la strenua battaglia del Ministero, tesa a far passare l’eccezione di prescrizione di ogni qualsiasi diritto".
Ministero della Sanità condannato al risarcimento di 420mila euro a beneficio degli eredi di un anziano, deceduto a seguito di una trasfusione di sangue infetto, avvenuta negli anni ’80, presso il Policlinico di Bari.
La sentenza, della prima sezione civile del Tribunale di Lecce, è stata depositata nei giorni scorsi. L’episodio riguarda un anziano originario di Novoli, padre di due figli.
Dopo la diagnosi della malattia avvenuta nel 1994 (epatite cronica attiva da Hcv, poi evolutasi in una grave forma di cirrosi epatica), nel 1997 l’interessato presentò l’iniziale domanda amministrativa di indennizzo.
Successivamente, nel 2014, dopo il decesso dell’anziano (morto l’anno prima, all’età di 93 anni), contro il Ministero della Sanità fu avviato, da parte dei figli, con l’assistenza dell’avvocato Maria Lucia Pagliara, anche il giudizio per il riconoscimento dei danni subiti. Il tutto si è concluso la scorsa settimana.
“Si tratta di un risarcimento ingente – spiega l’avvocato Pagliara - riconosciuto nonostante la strenua battaglia del Ministero della Salute, tesa a far passare l’eccezione di prescrizione di ogni qualsiasi diritto. E ciò nonostante il fatto che il giudice del Tribunale di Lecce abbia riconosciuto la natura extracontrattuale della responsabilità del Ministero della Salute, per i danni conseguenti ad infezioni contratte da soggetti emotrasfusi, e che non sono ipotizzabili a riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione”.
A proposito dell’eccezione di prescrizione preliminarmente sollevata dal Ministero della Salute, il Tribunale di Lecce ha ribadito che “il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo, è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo”.
Per i giudici, dunque, per quanto riguarda la prescrizione, il riferimento è la data della domanda amministrativa di indennizzo, presentata nel 1997, quando non erano ancora trascorsi cinque anni dalla diagnosi (1994).
Per quanto riguarda la responsabilità, il Tribunale ha ritenuto che il Ministero “è tenuto ad esercitare un'attività di controllo e di vigilanza in ordine alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell'uso degli emoderivati”.
Il danno subito, infine, è stato calcolato tenendo conto dell’età del deceduto (93 anni). La malattia, infatti, “pur avendo cagionato il decesso del paziente, ha sviluppato la sua massima lesività in un momento in cui la durata media della vita di un uomo nato negli anni ’20 era già abbondantemente superata”.
Rosario Faggiano